ALLEGATI
FONTI
Gerardo Cioffari o.p.
EUSTRAZIO DI COSTANTINOPOLI
1. Vita e opere
Nato intorno al 530, forse a Melitene, Eustrazio di trasferì a Costantinopoli ove conobbe il futuro patriarca Eutichio. Ordinato presbitero in Santa Sofia, volle seguire il suo maestro Eutichio quando questi fu esiliato ad Amasea (565-577). Al ritorno alla sede patriarcale, Eustrazio fu un suo fedele consigliere. Alla morte di Eutichio (6 aprile 582) pronunciò l’elogio funebre.Tra le altre sue opere ci è pervenuta una «Vita di Santa Golindouch», rimaneggiamento della vita della martire persiana scritta da Stefano di Hierapoli. Ma l’opera più importante è certamente quella intitolata: «Refutatio eorum qui dicunt humanas animas statim atque propriis corporibus solutae sunt non operari» (Confutazione di coloro che affermano che le anime umane, appena sono separate dai propri corpi, non agiscono più). Come il titolo lascia intendere, si tratta di un’opera di confutazione (logos anatreptikos) contro coloro che negano alle anime dopo la morte ogni attività e negano l’utilità delle preghiere e delle offerte fatte a Dio per esse. L’autore prescinde dal grado di santità dell’anima, come da ogni intervento divino. Tutte le anime, a suo avviso, dopo la morte possiedono un’attività propria, come testimoniano le apparizioni e tutte le manifestazioni personali di esse. L’opera s’interrompe mentre è affrontato il tema del valore delle offerte e delle preghiere per le anime dei defunti.
Per la Refutatio, cfr. L. ALLATIUS, De utriusque Ecclesiae occidentalis atque orientalis perpetua in dogmate de purgatorio consensione, Roma 1655, pp. 336-580, testo greco con traduzione latina a fronte. L’Allacci utilizzò il Cod. Vat. Gr. 511 (X-XI sec.). Ma il testo si trova ugualmente nel Vat. Gr. 675 e nel Paris. Gr. 1059.
2. «L’importanza dell’opera», scrive il Darrouzes, «deriva non soltanto dalle questioni affrontate, ma anche dall’abbondanza e la precisione delle citazioni patristiche; Fozio aveva già sottolineato quest’uso della prova tratta dalla tradizione. Tra gli autori menzionati figurano Efrem il Siro (versione greca del suo Testamento), Basilio, i due Gregorio, Metodio, Ippolito, Giovanni Crisostomo e lo Pseudo-Dionigi, che erano pure gli scrittori preferiti dal suo maestro Eutichio». La circostanza dell’interruzione farebbe pensare che Eustrazio sia morto subito dopo il suo maestro.
NOTA. Per le notizie biografiche su Eustrazio mi sono servito di Jean DARROUZÉS, Eustrate de Constantinople, in Dictionnaire de Spiritualité, t. IV, 2 (Paris 1953), col. 1718-1719; S. VAILHÉ, Eustrate de Constantinople, in DTC, V (1913), col. 1576-1577; Otto BARDENHEWER, op. cit., pp. 130-131, ed Erik PETERSON, Eustrazio, patriarca di Costantinopoli, in Enciclopedia Cattolica, V, (1950), col. 864 (si noti comunque che Eustrazio non fu mai patriarca; ad Eutichio successe Giovanni IV Digiunatore).
3. Il TESTO DEL FRAMMENTO. Scrive Eustrazio:
Una cosa simile troviamo che sia accaduta al tempo di Costantino imperatore e che, Dio permettendo, realizzò S. Nicola, vescovo della Licia. Infatti nella sua Vita (Βιορ ) si narra:“Uno di essi, Nepoziano, ricordando le cose che S. Nicola aveva fatto per quei tre uomini in Licia, che, ingiustamente condannati, egli aveva liberato dalla morte, disse: Salva anche noi S. Nicola, servo di Cristo. Anche se ti trovi a grande distanza, le nostre preghiere giungano fino a te, e tu intercedi per noi presso Dio, affinché una volta salvi diveniamo degni di venerare la tua santità.
Avendo Nepoziano detto queste cose, anche gli altri si misero a pregare e tutti e tre dicevano: “Dio di S. Nicola, salvaci”, e così il Santo di Dio Nicola apparve quella notte all’imperatore dicendo: “Imperatore Costantino, alzati e libera i tre ufficiali che tieni in carcere; essi sono vittime di calunnie. Se non terrai conto di questo mio avvertimento, provocherò contro di te una guerra nel territorio di Durazzo, e darò agli avvoltoi le tue carni, dopo aver conferito contro di te con il grande Re (Cristo)”. L’Imperatore rispose: Chi sei tu? E come sei entrato nel mio palazzo ? Rispose il Santo: Io sono Nicola peccatore, dimoro in Licia nella metropoli di Mira. Ciò detto si ritirò e scomparve. Nello stesso momento apparve anche al prefetto, dicendo le stesse cose”.
Forse che vi abbiamo convinto, voi che affermate che le anime dei Santi appaiono e agiscono non nella propria sostanza, e seguite i nostri discorsi, oppure persistete ancora nella vostra opinione ? State però attenti che non si rivolga contro di voi il detto: “Guardate, increduli, e resterete meravigliati”, ecc. (Abacuc, I, 5) e “Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita” (Geremia, LI, 9). Vi abbiamo proposto infatti molti esempi dal Nuovo e dall’Antico Testamento, compiuti dai Santi e che concordano tra loro e sono consoni alla verità. Dovreste poi considerare prima di tutto come si accordano bene colui che scrisse la Vita del Santo ed il Santo medesimo. Lo scrittore infatti dice: “Di notte apparve in persona alla vista dell’imperatore”, mentre il Santo, interrogato dall’imperatore “Tu chi sei che ordini queste cose” risponde: “Io sono il peccatore Nicola, che abito in Licia e se non agisci bene susciterò una guerra contro di te”. Cose simili afferma Gregorio nell’Orazione funebre per il grande Basilio, quando scrive: ...
4. Valore eccezionale del Frammento di Eustrazio per la problematica nicolaiana:
La Refutatio di Eustrazio è di eccezionale valore da diversi punti di vista, soprattutto perché (cosa su cui tutti i critici concordano) è uno scrittore estremamente documentato e che presta una particolare attenzione alla precisione delle citazioni. Il frammento concerne la Praxis de stratelatis, soffermandosi soprattutto sull’apparizione di S. Nicola a Costantino ed Ablavio. Ma non è tanto il racconto che interessa, eccetto che per l’antichità della testimonianza, quanto le
circostanze in cui esso viene inquadrato. Ad una lettura attenta, infatti, risulta che l’autore rinvia ad una Vita di S. Nicola perduta, certamente non posteriore al V secolo, se non proprio del IV secolo.
Il frammento di Eustrazio contiene infatti un’indicazione cronologica ben precisa del fatto: l’epoca dell’imperatore Costantino (306-337). Il che esclude inequivocabilmente ogni possibilità di collocare l’episodio storico all’epoca di Giustiniano (essendo Eustrazio vissuto proprio a quell’epoca). Non per nulla il brano per oltre due secoli è stato il cavallo di battaglia di tutti i difensori della storicità e della cronologia di S. Nicola.
Questo frammento, sfuggito a tutti gli eruditi del XVII e inizi del XVIII secolo, fu messo in evidenza dal dotto domenicano Michel Lequien. Nel suo «Oriens Christianus», elencando i vescovi di Myra e ben conoscendo le osservazioni dei critici e degli eruditi, affermava: «a quibus tamen haud aegre dissentio: propter Eustratii presbyteri auctoritatem». Il Lequien riteneva che il testo di Eustrazio fosse decisivo per affermare la storicità dell’episcopato di S. Nicola a Myra al tempo di Costantino: «Testimonium affertur ex Vita eiusdem S. Nicolai, quo certissimum fit, Constantino imperante, Myris in Lycia Episcopum sedisse». La Vita da cui Eustrazio attinge il racconto, diceva Lequien, doveva essere già scritta nel V secolo (cfr. M. Lequien, Oriens Christianus in quatuor Patriarchatus digestus, .. Opus Posthumum, t. I, Parisiis 1740, col. 967).
5. Anche il Falcone si avvide della forza dell’argomento tratto da Eustrazio, per cui preferì, per salvare tutta la sua tesi della non esistenza del Nicola vescovo di Myra al tempo di Costantino, negare l’autenticità del testo. Per lui «Eam, quam Pseudo-Eustratius dicit Vitam Nicolai, aliud non esse, quam imposturam tenebrionis, septimi seculi iam labentis». L’impostore myrese, secondo il Falcone, interpolò il brano di Eustrazio, alterando alquanto il discorso, in quanto fu costretto ad interrompere la serie dei Padri per inserire un brano da una vita che nessuno conosceva” (cfr. N. C. Falconius, S. Nicolai Acta Primigenia, p. 59). Il Putignani si accontentò di riferire l’argomentazione del Lequien e di porre in rilievo l’insufficienza dell’argomentazione del Falcone contro l’autenticità del testo. Era ovvio però che l’argomento tratto da Eustrazio si avviava a divenire il più importante nella polemica e l’arma più sicura nelle mani degli
«apologeti». Il Laroche, nel discutere delle fonti della storia di S. Nicola, riportò in traduzione tutto il testo di Lequien.
6. Incoerenza della recensione sugli Analecta Bollandiana del 1893
Il Lequien considerava indiscutibile il Frammento di Eustrazio sia per dedurne con certezza una Vita di S. Nicola del IV-V secolo sia per affermare con certezza l’episcopato di S. Nicola a Mira al tempo di Costantino. Alla stessa conclusione si sentiva costretto il Falcone se avesse ammesso l’autenticità del testo (per cui la nega). Bisogna dire però che non sono mancati alcuni che, senza negarne l’autenticità, hanno ritenuto che quelle conseguenze non sono assolute, ma possono essere relativizzate.
Il primo a tentare questa curiosa operazione fu l’anonimo recensore di un libro di Jules Laroche sugli Analecta Bollandiana del 1893 (pp. 459-460). Dopo aver messo in dubbio l’autorità storica di Andrea di Creta, S. Metodio, Leone VI e Metafraste, questi si soffermava sul frammento di Eustrazio. E scrisse:
In effetti, questo autore (Eustrazio) dichiara di aver letto nella Vita di S. Nicola l’apparizione di questo Santo all’imperatore Costantino: Λεγει γαρ εν τω Βιω αυτου ταδε. Ma confrontando il testo di Eustrazio con le Vite conosciute di S. Nicola, si rimane colpiti nel vedere ch’esso riproduce con alcune varianti, una redazione di un miracolo edito dal Falcone (Acta Primigenia, p. 30). Ora, questa redazione non fa corpo con la Vita di S. Nicola; essa è intitolata Πραξις του Αγιου
Νικολαου e si trova generalmente a parte nei manoscritti. Metafraste ha inserito questo miracolo nella trama del suo racconto. L’argomento tratto da Eustrazio dunque non prova rigorosamente che esisteva una Vita di S. Nicola, nel senso stretto del termine, sin dal VI secolo; esso prova, se il passo non è stato interpolato nell’opera di Eustrazio, che queste πραξεις di S. Nicola sono il più antico documento che abbiamo attualmente [Analecta Bollandiana 1893, pp.
459-460].
Se non fosse che una simile recensione abbia avuto ospitalità sugli autorevoli Analecta Bollandiana si rimane esterrefatti di fronte ad una simile argomentazione. Con questo modo di argomentare, si potrebbe tranquillamente affermare che il De Bello Gallico attribuito a Giulio Cesare potrebbe essere stato confezionato da uno scrittore che conosceva il De bello gothico di Procopio, se non addirittura i Memoriali di Sant'Elena di Napoleone. Capovolgendo la cronologia, il Frammento di Eustrazio, invece di essere analizzato e giudicato nel suo contesto letterario, viene considerato a partire dalle Vite di 300 e più anni dopo (e quindi di gran lunga meno autorevoli). E’ un po’ come se si volesse negare valore ad un diamante paragonandolo a dei pezzi di vetro. Il recensore, infatti, procede ad un confronto con la Vita di S. Nicola (ovviamente di Michele Archimandrita, Metodio e altri), quando un confronto simile è assolutamente senza senso. La Vita di S. Nicola che ci è pervenuta è una composizione dell’VIII o (come vorrebbe l’Anrich) del IX secolo. Il suo valore è quindi di gran lunga inferiore alla Praxis riferita nel Frammento di Eustrazio, appartenente ad una Vita coeva o quasi. Se il Bios del IV-V secolo è irrimediabilmente perduto, come è ovvio dedurre dal Frammento di Eustrazio, ogni paragone con la Vita scritta da Michele Archimandrita (o peggio ancora dal Metafraste) non solo non regge, ma è anche fuorviante. Sono Andrea di Creta, Michele Archimandrita, e Metodio di Siracusa a poter essere giudicati a partire dal Frammento di Eustrazio. Non l’inverso. Il Frammento va giudicato sulla base degli elementi interni (che portano a stabilirne l’autenticità letteraria) ed esterni (che illuminano sulla sua corrispondenza al contesto storico). Ora l’autenticità è evidente per la particolare armonia con tutta l’argomentazione teologica e l’accuratezza delle citazioni. La storicità è data dalla sua sintonia con i dettagli che solo uno storico coevo poteva conoscere. Per rendersene conto basta non paragonare il Frammento coi testi nicolaiani dell’VIII-X secolo, bensì con gli storici “minori” o addirittura pagani (vedi ad esempio Zosimo, Storia Nuova, Rusconi Milano 1977, p. 126 o, anche Eunapio).
In altri termini, o si ha il coraggio di negare l'autenticità del Frammento (come se fosse una tarda interpolazione), o bisogna ammettere che tutto il castello negativo messo su dall'Anrich e dal Delehaye (sulla Praxis datata al VI secolo) va completamente in frantumi.
Questa presa di posizione di un Bollandista sull’argomento, in sé estremamente debole, non fu senza un certo effetto. Persino l’Anrich sembra propendere per l’insufficienza dell’argomentazione sulla base del testo di Eustrazio. Egli delinea situazioni analoghe a quelle della Praxis avvenute al tempo di Giustiniano, deducendo (e facendo dedurre al lettore) che tutto il fatto degli ufficiali bizantini potrebbe essere accaduto al tempo di Giustiniano (Cfr. Anrich, Hagios Nikolaos, Il, pp. 370-375) e che la Praxis potrebbe essere stata scritta nel VI secolo. E vero che egli pone l’arco di tempo in cui essa è sorta fra il 460 e il 580, ma poi tende ad andare più verso questa seconda data che verso la prima. In altre parole Eustrazio per dimostrare la sua tesi si sarebbe rifatto ad un testo anonimo di qualche decennio prima di lui. E' anche vero che Anrich è attento a non definire la Vita scritta da Michele Archimandrita (VIII-IX sec.) la prima Vita in assoluto, bensì la più antica che ci sia pervenuta. Tuttavia, non dando il giusto rilievo ad Eustrazio, egli ingenera nel lettore l’impressione che quella di Michele Archimandrita sia la prima Vita in assoluto su S. Nicola (e che quindi la Praxis non sia parte di un Bios).
7. Il Frammento e il suo valore storico
Per comprendere la forza insita nel Frammento di Eustrazio è opportuno puntualizzare dunque alcuni dati:
1. Eustrazio è uno scrittore, secondo tutti gli studiosi, particolarmente preciso ed attentissimo alla correttezza delle citazioni.
2. Questo lo si vede anche nel Frammento. E’ molto puntiglioso infatti nello specificare quello che è suo e ciò che invece appartiene al testo da lui letto e riportato con fedeltà.
3. La sua argomentazione dipende dall’autorevolezza degli autori citati. Quindi il testo relativo a S. Nicola non può essere recente e per di più anonimo.
4. Egli vive al tempo di Giustiniano, per cui è del tutto inaccettabile spostare i fatti narrati all’epoca di questo imperatore, sia perché si parla espressamente di Costantino, sia perché se i fatti fossero accaduti nel VI secolo non avrebbero avuto l’autorevolezza richiesta dall’argomentazione.
5. E’ detto che tutto ciò è scritto “nella Vita”: εν τω Βιω αυτου. Il senso più ovvio è che il brano sia parte di una Vita (perduta), e non “la” Vita.
6. Il Frammento si inserisce alla perfezione nell’argomentazione teologica di Eustrazio. E’ dunque fuori luogo l’inciso “se il passo non è stato interpolato”.
8. Insostenibilità della tesi dell'Anrich (datazione al VI secolo della Praxis)
Gustav Anrich, a differenza del bollandista recensore del Laroche, non mostra alcuna perplessità o reticenza a riconoscere l’autenticità del testo, cioè l’appartenenza del frammento nicolaiano ad Eutrazio. Ciò nonostante, interessato più a determinare l’epoca in cui è sorta la Praxis de stratelatis, si dilunga su considerazioni linguistiche di testi della Praxis risalenti al X secolo, in cui più che probabili sono le integrazioni dei copisti. Questo spostare l’attenzione dal Frammento alle
redazioni pervenuteci della Praxis in quanto tale svuota, tanto automaticamente quanto indebitamente, il Frammento di ogni valore.
A partire dal fatto che nel racconto si incontrano termini come «provincia dei Lici» (Λυκιων Επαρχια) e governatore (ηγημων), e dato che lo storico Giovanni Malalas fa risalire a Teodosio II (408-450) la determinazione della Licia in provincia autonoma, ne deduce che il narratore doveva appartenere ad un’epoca posteriore (in quanto ignorava questo dato cronologico). Ora, ammesso (e non concesso) che la Licia non era una provincia al tempo di Costantino, non si può determinare
l’epoca d’origine del racconto a partire dai termini politico-amministrativi che i copisti potevano tranquillamente adattare ai lettori del loro tempo, senza che per questo l’origine del racconto sia più tardiva. Più tarda semmai è la redazione del testo, non il racconto in sé. Tanto più che nel Frammento di Eustrazio la Licia è indicata come Licia e basta, senza i termini che fanno difficoltà. Ma una volta incamminatosi su questa via di confusione fra la Praxis e la redazione della Praxis, l’Anrich perviene ad una conclusione insostenibile. Richiamando, infatti, alcune analogie storiche che riflettono situazioni del VI secolo (il generale Belisario ingiustamente accusato, la guerra nella zona di Durazzo, ecc.), lo studioso tedesco afferma che la Praxis ebbe origine con grande probabilità al tempo di Giustiniano o poco dopo. Un argomento che sorprende in uno studioso serio come lui. Infatti, con questo metodo la Praxis la potremmo spostare a qualsiasi secolo ci fa comodo. Ad esempio, nell’XI secolo, con Maniace che si ribella all’imperatore e la guerra che si sposta a Durazzo.
Se l’Anrich avesse incentrato l’attenzione non sulla Praxis in sé, ma sulla Praxis inEustrazio, forse non sarebbe incorso in simili leggerezze. Per capire dunque a quale epoca appartiene la Praxis raccontata da Eustrazio è necessario calarsi nel testo dello scrittore costantinopolitano. E’ necessario individuarne gli scopi e i mezzi per raggiungerli. Ora gli scopi li abbiamo già visti (affermare l’attività e la vita delle anime dopo la morte del corpo). Quanto ai mezzi va detto che già Fozio aveva notato il particolare procedimento di Eustrazio, basato cioè sull’autorevolezza dei testi citati. La forza argomentativa tratta dalla tradizione era fondata sull’autorevolezza degli autori di cui si riportavano i brani. Ora gli autori sono tutti o quasi della seconda metà del IV o degli inizi del V secolo. E non poteva essere altrimenti, se Eustrazio voleva dare valore alla sua dimostrazione. Una delle poche eccezioni è lo Pseudo-Dionigi (fine V inizi VI secolo), ma è un’eccezione solo apparente, in quanto tutti erano convinti che si trattasse del Dionigi, discepolo di S. Paolo e vescovo di Atene, e comunque era considerato un testo molto autorevole già allora (cosa che non poteva essere un'anonima Vita di San Nicola, a meno che la fama di questo Santo non fosse da tempo nota a tutti).
Le conclusioni che si impongono dall’analisi del Frammento di Eustrazio sono: 1. la Vita di S. Nicola, contenente la Praxis de stratelatis, va collocata a poco dopo la morte del Santo (335 c.), oppure in un’epoca successiva non posteriore però alla prima metà del V secolo, e 2. S. Nicola fu sicuramente vescovo di Mira al tempo di Costantino.