FONTI
ENCOMIO DEL VESCOVO ANDREA DI CRETA SUL NOSTRO SANTO PADRE NICOLA
Traduzione dal greco di P. Rosario Scognamiglio o.p.
CAP. I O uomo di Dio, suo servo fedele, ministro dei misteri di Cristo ed uomo prediletto dallo Spirito (Dan 10,11), accetta questo discorso che ti presentiamo in omaggio, prendilo come il nostro «grazie» per la grazia che ci hai manifestata con la tua prodigiosa e fervida protezione.
Noi ti invochiamo come «colonna e sostegno» della Chiesa (1 Tm 3,5) e «luminare del mondo, che tiene alta la parola di vita» (Fil 2,15-16): che molti son gli appellativi meritati dalla tua virtù e nessuna buona dote ti è mai mancata, o Nicola, il più buono tra i pastori, il più celebre tra i vescovi. Tutte le più apprezzate virtù tu le hai riposte nella tua anima santa, come oro e pietre preziose in uno scrigno; e cosi ti sei reso famoso su tutta la terra che è sotto il sole. Una lucerna posta su elevato ed aureo lucerniere (Mt 5,15) non illuminerebbe cosi l'oscurità della notte, come hai fatto tu, non appena il Cristo «luce vera» (Gv 1,9), ti ha posto sul trono episcopale: pari a chi porta la fiaccola in luogo tenebroso, in questo mondo senza luce illumini i fedeli in tua cura, portandoli verso la luce che non tramonta; e, come da alto posto di guardia, fai luce non solo ai vicini, ma pure ai lontani, con lo splendore senza inganno della tua scienza spirituale. Davvero in alto, infatti, ti ha portato il tuo modo di vivere angelico, e la purezza e la contemplazione della tua vera unione con Dio ti hanno messo in grado di elevarti, direi, al di sopra delle sfere celesti.
E di lassù hai raccolto, grazie alla pratica della tua sapienza, una molteplicità di virtù, e simile ad ape hai preso di qua e di là esempi dalle vite dei santi, raccogliendo in te il fior fiore delle virtù.
CAP. II Qual è quel santo che tu non hai emulato, o Padre? E qual è quell'uomo eccellente, di cui tu non hai seguito le orme? Per esprimermi meglio: con chi di quelli che vissero una vita virtuosa, tu non ti sei impegnato in gara, mettendoti alla pari? Abele il giusto (Gen. 4,4), fu apprezzato per le sue offerte; ma tu, padre giustissimo, tutto te stesso hai spiritualmente offerto in dono a Dio, che non ha bisogno di nulla. E n o s sperò nel Signore (Gen. 4,26); tu invece, pur vivendo ancora sulla terra, hai avuto già le prove manifeste di quelle speranze che ci sono poste davanti (Eb 6,18). Enoch, siccome era gradito a Dio, fu da lui trasferito (Gen. 5,24; Sap 4,10); tu invece, è tutto il sentire dell'animo tuo che hai trasferito dalla terra al cielo, sei uscito di senno per Dio (2 Cor 5,13), sacrificando ciò che è transitorio per ciò che è eterno. Noè, che era giusto, si rese gradito a Dio per i suoi sacrifici (Gen 8,21), dopo aver messo in salvo, in un'arca di legno, le specie di animali irragionevoli, quando il diluvio sommerse la terra (Gen 6-8); tu invece offri le celebrazioni sacramentali come vittime e doni spirituali e mostri un'arca diversa, la Chiesa di Dio, nella quale - mentre l'eresia ariana inonda la terra - si mettono in salvo grazie alla retta fede dei tuoi discorsi le stirpi degli uomini, pari a tante specie di animali. A b r a m o viene ammirato per l'ospitalità e amicizia con Dio (Gen 18) e parimenti beato perché offre a Dio come vittima gradita, senza immolarlo, il figlio nato in base alla promessa (Gen 22); tu invece è lo stesso Cristo che accogli ospite, nutrendoti di lui e facendo partecipare ogni giorno al banchetto spirituale quanti vi accedono; non sacrifichi il figlio diletto o una pecora introdotta a suo posto, ma tutta la tua santa persona offri in sacrificio perenne quale olocausto, e - seguendo il Vangelo - «dai la tua vita per le pecore» (Gv 10,11). Isacco viene celebrato in virtù della sua giustizia; tu invece come un canone di giustizia che in ogni dove accorre in spirito, trattieni con grande franchezza quanti vogliono commettere ingiustizie, anche i regnanti, cui appari chiaramente in sogno mentre dormono. Giacobbe è celebre per la semplicità dei suoi costumi e per la numerosa prole (Gen 29,30); a lui apparve una scala che giungeva fino in cielo (Gen 28,12), prefigurante la realtà di un mistero più grande; mentre tu non hai mai smesso di generare patriarchi, pastori e pecore per il Cristo «pastore supremo» (1 Pt 5,4), il quale ti ha affidato il suo ovile, né hai mai cessato di mettere nel tuo cuore le ascensioni (Sal 84,6), e di trasformarti di gloria in gloria (2 Cor 3,18), come di grado in grado, elevandoti in contemplazione dalla terra verso il cielo. Giobbe è il più famoso per l'innocenza e la forte costanza nel sopportare i suoi mali; ma tu non ti sei solo impegnato ad imitarlo nel non lasciarti scuotere, cedendo agli attacchi delle eresie, ma hai altresì preferito che quelle onde si scagliassero contro la torre, anziché permettere che qualche cosa del tesoro venisse depredato. Giuseppe è dappertutto noto per la sua castità e il suo ufficio di distributore di grano (Gen 39-41), mentre tu di tutta la tua persona hai fatto un modello di castità e, valendoti dell'insegnamento della tua voce dolce come miele, ti sei fatto merce per approvvigionare la provincia della Licia. Mose è proclamato celebre per la mitezza e la legislazione data al popolo: viene descritto come un Dio per il Faraone (Es 7,1) e guida d'Israele; mentre tu, o Padre santissimo, mite sì con tutti, ma terribile con i peccatori, dai come legge a tutto il popolo di tenersi lontano da opere malvagie e fai affondare nel mare delle tue opere virtuose gli insorgenti moti delle passioni, pari ad altra potenza faraonica. Valoroso è D a v i d e che abbatte l'orgoglioso Golia (1 Re 17) rivestito dell'armatura dello Spirito; ma valorosissimo, sei tu, che ogni giorno abbatti quel Golia spirituale che tiranneggia le anime ed allontani quei «lupi rapaci» (Mt 7,15) di eretici dal gregge spirituale del Cristo.
CAP. III E cosi, o uomo santissimo, mediante la pratica della tua virtù, tu sei proprio inserito nel catalogo dei giusti e dei profeti. Degli uni hai imitato la franchezza, degli altri lo zelo; degli uni la mansuetudine, degli altri la compassione, degli altri ancora la sublime condotta di vita. E non ti sei limitato ad imitare gli esempi di costoro. Hai voluto imitare pure i discepoli di Cristo, per opera dei quali la «grazia e verità» (Gv 1,17), dissipando la Legge e l'ombra che l'avvolge, ci rivelano chiaramente i sacramenti del culto spirituale (2 Cor 3,13). E tu diventi loro seguace in tutto, e con loro fai da occhio sollecito della Chiesa e sua tromba sonora. Ecco il momento di applicare a te quel che dice la Scrittura: «La memoria dei giusti sarà negli elogi» (Prov 10,7; LXX) «il giusto sarà in eterno ricordo» (Sai 112,6) e ancora più a proposito è detto: «Se il giusto viene elogiato, se ne rallegreranno molti popoli» (Prov. 29,2; LXX).
CAP. IV E chi potrebbe mai esaltare adeguatamente, o Padre celeberrimo, il valore delle tue splendide lodi o delle magnifiche imprese della tua vita? Ma qualunque cosa si possa dire di te, la parola resterebbe sempre carente rispetto alla realtà! E se pure si volessero mettere a paragone le tue opere con le opere di altri, questi esempi resterebbero per forza inferiori alla realtà!
Come dunque ti chiameremo? Agricoltore? L'appellativo risponderà del tutto a verità, se preso in senso spirituale. Hai dissodato, infatti, i campi spirituali di tutta la provincia della Licia, contemporaneamente; hai estirpato le spine dell'incredulità, seminato la parola viva della pietà e riposto una messe spirituale dentro i depositi delle anime, come in granai. Ti chiameremo architetto? E non saremo nel falso. Con i tuoi insegnamenti, infatti, hai abbattuto altari di idoli e luoghi di culto di demoni abominevoli e a loro posto hai eretto chiese al Cristo, costruendo sacelli e templi di martiri, luoghi santi e venerabili. Come agricoltore, hai coltivato e provato la fecondità di vigne spirituali da poco piantate; ma come saggio architetto, con l'arte architettonica dello Spirito, hai stabilito le giovani comunità dei fedeli sul saldo fondamento della fede.
CAP. V E come ti chiameremo allora? Soldato? Già, soldato. Come un comandante armato di tutto punto, hai mosso battaglia contro nemici invisibili e hai indossato l'armatura della Parola (Ef 6,13 ss.); perciò con l'elmo della fede hai respinto gli attacchi delle passioni, ti sei piantato intrepido ed irremovibile come macigno, rigettando qualunque mossa degli avversari. Valendoti della incrollabile speranza come di scudo, attacchi frontalmente e scagli frecce contro quanti osano affrontarti; quindi, con strenua difesa, piombi addosso agli avversari del tuo gregge e li travolgi. Cosi, dopo questo duello, con la tua energica destra brandisci la spada della fede e recidi radicalmente l'ostile attacco di Ario con l'alleata eresia di Sabellio.
Anzi, quanti ardiscono confondere o separare l'incarnazione, avvenuta per divina economia, di una della beata e venerabile Trinità, del Cristo vero Dio, e quanti della stessa incarnazione non hanno una retta concezione, oppure non professano che entrambe le nature, ognuna con le sue proprietà, si sono congiunte in unione ipostatica nell'unico e medesimo Cristo e Dio, senza essere confuse né assolutamente separate tra loro: tutti costoro che in un senso o nell'altro deviavano dalla retta fede, tu li soggioghi insieme con la stessa lancia e lo zelo di Pincas (Num 25,7.8), riconciliando con tutti il Dio di tutti.
CAP. VI Come dunque potremmo chiamarti? Angelo? Ma tu non eri assai lungi dalla condizione incorporea degli angeli: sei stato nel corpo, ma in realtà incorporeo, apparendo a tutti come un uomo del cielo o un angelo in terra. Che cosa infatti ti distingue dal volo degli angeli? Non sei apparso in sogno all'imperatore, non gli hai incusso spavento mentre perpetrava un delitto per il di seguente, non hai trattenuto - con flagello che non lascia ferite - quella mano avida di sangue e sprezzante dell'ira? Non ti sei presentato inaspettatamente a quegli uomini che non avevano commesso alcun torto, liberandoli dalla morte? In confronto a ciò, cosa ha fatto di singolare l'angelo che una volta trasportò Abacuc da Sion a Babilonia, nella regione dei Medi (Dan 14,35), portando il pranzo a Daniele nella fossa dei leoni?
Ti chiameremo nocchiero? E diciamo il vero. Quanti infatti attraversano il grande e vasto mare e quanti, pur sulla terra, sono come in balia delle onde, tu li guidi con somma cura mediante il remo delle tue intercessioni presso Dio ed il timone della fede: la tempesta è placata in aura leggera e la bufera si volge al sereno per le veglie delle tue preghiere. Quelli che accorrono a te con fede, o santissimo uomo, tu li conduci per mano verso il porto che libera dalle passioni. E ciò è diventato evidente da quando ti presentasti da passeggero ai marinai, all'epoca in cui la carestia opprimeva la tua capitale. Il porto di Andriaco lo sa che inducesti quei marinai ad approdare là, pur non avendolo in programma, per dare da mangiare alla gente affamata e mettere un freno alla furia della carestia. Secondo le notizie che si diffusero, tu lasciasti circa tre pezzi di oro, allontanandoti poi dalla nave. E, nonostante ciò, non fu possibile occultare il fatto che eri stato tu il provvido campione della gente di Licia, o Nicola angelico nel tuo modo di essere e di agire!
CAP. VII Pur vivendo ancora nella carne e prima di sciogliere le vele alla volta del Cristo (2 Tm 4,6), vieni in vari modi a visitare gli afflitti e rendi prontissimo aiuto a quanti versano nelle necessità, anzi liberi da sanguinosa morte anche quelli che vi stanno cadendo. Quale altro fatto potrebbe dimostrare ciò, se non quello di aver assunto la condizione incorporea di angelo e di avere in essa, realizzato facilmente tante opere prodigiose?
Chi del resto, non ammirerà la tua magnanimità? Chi, inoltre, non proverà stupore del tuo eloquio dolce, della tua mitezza, o del tuo carattere pacifico e supplichevole? Pensiamo a quella volta che tu - come raccontano - passando in rassegna i tralci della vera vite (Gv 15,1 ss), incontrasti quel Teognide di santa memoria, allora vescovo della chiesa dei Marcianisti. La discussione procedette in forma scritta fino a che non lo convertisti e riportasti all'ortodossia. Ma poiché tra voi due era forse intervenuta una pur minima asprezza, con la tua voce sublime citasti quel detto dell'Apostolo e dicesti: «Vieni, riconciliamoci, o fratello, prima che il sole tramonti sulla nostra ira» (Ef 4, 26).
CAP. VIII Però, o padre più ammirevole dei padri, luminare di tutta la terra, cattedra delle chiese, sostegno e sicurezza prontissima dei fedeli, soccorso degli oltraggiati, tu ti prendi più cura e ci assisti con più zelo adesso che sei assiso in purezza presso Dio che è puro, presso la perfetta e adorata Trinità. Attorno ad essa, insieme alle schiere angeliche, ti muovi in giro con danze spirituali. Volgi dall'alto lo sguardo su di noi, o capo divino e santo, e vegliaci con grazie apostoliche e paterni aiuti: dando agli uni sostegno, agli altri armi per combattere, non trascurarci mai, o Padre interprete della Parola, consigliere e maestro di ineffabili misteri!
Quest'uomo che ti somiglia nei modi e succede a te nella sacra opera di educazione, lontano nel tempo ma per veneranda età a te vicino, circondalo di vigore, insieme con i suoi figli e tuoi nipoti, dando loro coraggio e parola vera. In modo tutto particolare, tienili stretti al tuo paterno seno e scaccia via, mediante le armi spirituali dei tuoi insegnamenti, quanti osano aggredire il tuo ovile spirituale, affinché si conservi salvo ed imperterrito questo piccolo gregge, che tu stesso hai nutrito e circondato di cure pastorali. Sacerdoti, clero ordinato e tutto quanto il popolo amante di Cristo; non desistere mai di rafforzarli con i vivi e veri insegnamenti della pietà. Tanto più adesso, che con più purezza ti trovi vicino a Dio e sei più fulgido per la sua luminosa presenza, in misura più chiara ed espressa ricevi l'onorificenza di un'assoluta franchezza nel parlare con Dio.
CAP. IX Ti proclamo Beata, o Mira, capitale della Licia! Quale pastore amante dei suoi figli e quale patrono hai avuto in sorte! Quale corona realmente venerabile e ricca di antica gloria ti è stata posta sul capo! Ma chi è costui? È Nicola, che si mostra con assoluta chiarezza nella gloria beata di Dio a quanti ne hanno bisogno, il più sollecito vindice degli oltraggiati, il più santo modello dei sacerdoti! Nicola, che è grande in miracoli e strepitoso in prodigi, che scampa gli innocenti dai pericoli e con sogni trattiene gli uomini decisi a far loro torto. Beata sei tu tra le città, che hai nutrito un tale patrono e gli hai assegnato un posto tra i seggi del tuo consiglio. Diciamo cosi: «Nella tua luce cammineremo» (Is 2,5) e «alla tua ombra vivremo e riposeremo» (Lam 4,20; LXX), come afferma da qualche parte la sacra parola di Dio.
Insieme a lui, possiedi anche i tre valorosi campioni della pietà: dico Crescente, Dioscoride e Nicocle, i tre martiri di pari splendore e concorde volere resi tali dalla Trinità. La stessa Trinità che li ha onorati coi premi del Regno, degni della loro vittoria, ha poi incoronato degnamente anche il tuo inclito capo, dopo averlo associato a loro. E ciò, sia perché ha anche lui sostenuto una battaglia pari alla loro, con strenua e libera volontà, sia perché ha onorato lui stesso quei martiri con le sue sofferenze e ha intrecciato, col suo zelo per loro, una corona a loro dovuta.
CAP. X Orsù, accorrete oggi tutti insieme, o fedeli di questo santissimo uditorio! Giunti a questo tempio, celebriamo la sacra e solennissima festa, facciamo pure la memoria lodevolissima del nostro Padre portatore di Dio! Ma compiamo ciò senza lasciarci andare al piacere di decorazioni fallaci, con fasto mondano e festeggiamenti esterni! Lasciamo stare quegli elementi che sanno di celebrazioni misteriche greche e di inganni diabolici; lasciamo stare pure quei giochi che dipendono da banali contraffazioni e finzioni sceniche! Sono cose da ridere, che servono a certe persone per andare a caccia di vanagloria. Non c'è niente di più miserabile!
Noi, piuttosto, pensiamo a comporre per il santo una corona con i fiori dei nostri canti spirituali. Prendiamo profumo e unguento dalle nostre opere, pari a profumo di calici di rose e a fragranti aromi. Sono queste le cose che gradisce il nostro santo padre Nicola! Queste le feste e le celebrazioni che ce lo ingraziano! È di questo che ha piacere, più che di fastosi cortei, di cui invece si compiacciono i demoni maligni onorati a spese pubbliche dai Greci!
Anche la schiera concorde e compassionevole dei tre valorosissimi atleti si compiace di tutto questo. Insieme a loro, o Nicola, ti associ ai cori celesti. Insieme a loro risplendi e danzi alla presenza di Dio: tu lo vedi (per quanto si può) e lui ti vede e ti fa partecipare ai fulgori che lo circondano. Per le intercessioni dei tre martiri presso Dio e le tue preghiere a lui gradite, fa' che tutti siamo liberati da qualunque incursione eretica e diabolica, dai flagelli delle malattie, dalle insidie che sono in mezzo a noi, dai lacci in cui senza accorgersi resta impigliata la gente; insomma, da tutti i pericoli!
Per la grazia, la misericordia e l'amore agli uomini del Nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha redenti con il santo sangue del suo costato vivificante e liberati dalla schiavitù dell'errore. A lui, al Padre e allo Spirito che è Santo e dà la vita, sia onore, gloria, potenza e magnificenza ora e sempre, nei secoli dei secoli.
NB. L’Anrich parla di una forte probabilità che l’encomio non sia di Andrea, mentre le probabilità che sia di Andrea sono ridotte:
Doch ist der Kompliziertheit und Vieldeutigkeit der in Betracht kommenden literarischen Verwandtschaftsverhältnisse wegen diesem Ergebnis nur starke Wahrsheinlichkeit, nicht aber volle Sicherheit beizumessen und immer noch mit der, wenn auch blassen Möglichkeit zu rechnen, dass wir es mit einem Werke des Andreas zu tun haben. Vielleicht wird hier eine ganz eindringende Untersuchung der Hinterlassenschaft des Andreas volle Sicherheit schaffen (II, 356).